Summer of ’96. Thomas Häßler discografico

Thomas Jürgen Häẞler nasce a Berlino Ovest nel 1966. Scopre la passione per il calcio e la musica rock già da ragazzino, ma, mentre con gli strumenti non si cimenta, col pallone ci sa fare eccome, e a 18 anni già esordisce in Bundesliga con il Colonia, dove gli viene affibbiato il soprannome “Icke”, canzonando la storpiatura dialettale berlinese del pronome “Ich”, e nondimeno rimane fino al 1990. L’anno delle “notti magiche”, alle quali lo svelto centrocampista non contribuisce con reti, ma con quella solidità di gioco e di mentalità che permetterà alla nazionale tedesca di arrivare seconda agli Europei del 1992 e trionfare nella successiva edizione del 1996. Già, il 1996. Ma prima facciamo un passo indietro.

Sull’onda dell’impressione suscitata dalle prestazioni al mondiale italiano, Häßler è passato alla Juventus e, subito dopo, alla Roma, dove rimane fino al 1994, trasferendosi poi a Karlsruhe, con la locale squadra che per averlo sborsa una cifra che non ha mai speso, né prima né dopo, per un singolo giocatore. Tra alti e bassi arriva quindi il 1996, anno in cui il nostro uomo, ormai uno dei giocatori più affermati del Vecchio Continente, si rompe una gamba durante una partita col Fortuna Düsseldorf ed è costretto a rimanere lontano dal campo a lungo, in ogni caso quanto basta per vedere la sua squadra eliminata dalla Coppa UEFA. La passione per la musica, però, è sempre presente; compressa dagli impegni professionali e familiari (nel frattempo si è sposato e ha avuto tre figli), ma pur sempre latente e intensa. Cosicché, quando lo svedese Magnus Söderqvist, che da inizio anni ’90 si muove in ambito AOR, agevolando la realizzazione di dischi di vecchie glorie del genere che, a seguito dell’avvento del grunge, si sono trovate senza lavoro, propone a lui e al connazionale Mario Lehmann, anch’egli impegnato in produzioni musicali di area rock melodico, una joint venture discografica, il facoltoso trentenne non può non sentire un sussulto adolescenziale e accettare un’altra sfida.

Nel marzo 1996 apre quindi, in un centro direzionale alla periferia est di Monaco, al numero 1 di Hohenlindener Straße, la MTM Music, che già dalla ragione sociale dà conto della conduzione triumvira, pure temperata dall’esistenza di una filiale svedese, con base a Stoccolma, affidata a Söderqvist. I tre soci si propongono da subito di andare controcorrente, producendo e pubblicando dischi di AOR in un momento in cui le quotazioni del genere sono ai minimi storici: infatti, il nuovo corso post-Nevermind del mainstream ha inferto un colpo ferale a tutte le forme di rock duro in voga negli anni Ottanta, che nel giro di un paio d’anni si sono trovate letteralmente dalle stelle alle stalle, prosciugandosi per effetto di un apparato discografico non più intenzionato ad investire tempo e denaro nelle loro costose produzioni quanto, invece, ad assecondare le nuove istanze del pubblico di massa. L’impatto, com’è noto, è stato particolarmente devastante per i musicisti più tipicamente legati a schemi di rock melodico, poiché, se gli hard rocker da acconciature vaporose e vestiario glamorous potevano tentare di riciclarsi come hard rocker da capelli bisunti e abiti boschivi – come concretamente fecero, perlopiù senza fortuna, Mötley Crüe, Warrant, Skid Row e altri ancora – per i melodici da studio e i costruttori di suoni tastieristici su impalcatura variabilmente hard una simile contorsione stilistica si rivelò più complicata o direttamente impraticabile, e le loro opere a base di sintetizzatori trovarono chiuse tutte le porte, quelle che fino a quel momento li avevano accolti e quelle a cui bussarono per ospitalità. In questo contesto, la MTM (come pure le coeve Now & Then e Long Island) funse da grotta di Betlemme: qui, nella seconda metà degli anni ’90, nella darkest hour per AOR e dintorni, trovarono casa progetti di gente del calibro di Vince DiCola (Storming Heaven), Peter Beckett (Think Out Loud), Stan Meissner (Metropolis), Billy Sherwood (The Key) e Mike Slamer (Steelhouse Lane), oltre a nuovi e promettenti virgulti del suono melodico come Tower City e CITA/Guild Of Ages. Si trattava quasi sempre di piccole produzioni, pensate per lo zoccolo duro di fanatici che non avevano abbandonato il genere allo spirare dei nuovi venti dal Nordovest americano, perlopiù concentrati in Europa e precipuamente in Germania (anche se l’Italia darà il suo fattivo contributo con la napoletana Frontiers), e tuttavia l’operazione funzionò ottimamente, generando entusiasmo e una certa quantità di profitti, che consentirono alla MTM di ampliare il proprio catalogo. Nel corso degli anni, infatti, l’etichetta mette sotto contratto vecchie glorie (Shy, Dare, TNT) e giovani virgulti (Jay Miles), arrivando a fondare addirittura tre sottoetichette: dal 1996, la MTM Scandinavia, affidata a Söderqvist e incaricata della distribuzione nel lucroso mercato scandinavo; dal 2003 la MTM Classix, dedita a ristampe di dischi più o meno noti; e la PsychoActive, veicolo per dischi nuovi di generi musicali non strettamente riconducibili al rock melodico. Il pubblico rimasto, ormai ridotto allo zoccolo duro di appassionati del genere, inizialmente reagisce bene, e le uscite si susseguono, ma col passare del tempo ci si rende conto che l’etichetta genera più perdite che profitti. E anche le vite dei soci non vanno sempre per il meglio.

Dopo essere rientrato dall’infortunio e avere contribuito al trionfo della nazionale tedesca agli Europei inglesi del 1996, nel 1998 Häßler si trasferisce al Borussia Dortmund, campione d’Europa in carica, rimanendovi solo un anno, per poi passare al Monaco 1860. Qui, però, si fa notare più per i dissidi con l’allenatore Edgar Geener che per le prestazioni sportive, e la situazione precipita quando i giornali scandalistici pubblicano la notizia di una relazione tra Geener e la moglie di Häßler, che è anche la sua procuratrice: le prestazioni del centrocampista e della squadra ne risentono, e così a novembre l’allenatore viene licenziato e a dicembre Thomas e Angela Häßler si separano, pur mantenendo i loro rapporti professionali. Il calciatore rimane a Monaco fino al 2003, quando, ormai trentasettenne, decide di andare a chiudere la carriera in Austria, al Salisburgo, dove gioca nella stagione 2003/2004 per poi ritirarsi. Sembra un presagio.

Nonostante ingaggi di indubbio valore, come Harlan Cage e Steelhouse Lane, e acclamate uscite (come i dischi del Hughes Turner Project, condiviso tra Glenn Hughes e Joe Lynn Turner), le vendite e gli accordi distributivi con altre etichette non bastano a coprire i costi di produzione, che il tentativo di allargamento ad altri generi, mai decollato, non riesce a compensare. In più la musica liquida è ormai realtà e, con il CD progressivamente messo all’angolo dai nuovi formati digitali e il vinile ancora un supporto di culto (a cui, peraltro, l’AOR è sempre stato estraneo), far quadrare i conti diventa sempre più difficile. Si comincia tagliando la filiale svedese, ma, a fronte di un pubblico tendenzialmente statico a livello numerico e di vendite in calo, anche questo non basta, e la situazione appare chiara: bisogna chiudere. Troppe cose, d’altronde, sono cambiate nel mondo esterno, nel panorama musicale e nelle vite dei protagonisti perché si possa pensare di tirare dritto ignorando la realtà. Nel 2007, quindi, la MTM Music chiude i battenti, lasciandosi alle spalle un catalogo di circa seicento titoli e una reputazione di baluardo del rock melodico nei suoi anni più difficili, che ha permesso a musicisti dotati ma estranei alle esigenze commerciali del momento di poter continuare ad esprimere la propria creatività. Non certo un’impresa titanica – anche perché, oggettivamente, nessuno dei dischi pubblicati dall’etichetta può essere ritenuto un capolavoro – ma comunque un apporto rilevante a una causa probabilmente persa e proprio per questo fonte di simpatia. Anzi, è proprio in quel periodo, e grazie all’opera di etichette come la MTM, la Now & Then, la Long Island e la Frontiers, che l’AOR passò definitivamente, nella percezione del suo stesso pubblico, da genere mainstream a sonorità underground, da produrre opere pensate per la fruizione di massa a confezionare dischi realizzati da adepti per adepti secondo coordinate stilistiche ben codificate; un passaggio cruciale per un genere abituato alle luci della ribalta e in cerca di una propria dimensione esistenziale all’indomani della fine improvvisa del grande successo di pubblico e del tramonto definitivo di ogni possibilità di riconquistarlo. Un po’ come Häßler.

Finita l’esperienza come calciatore e come discografico, l’ex centrocampista diventa, al pari di molti suoi colleghi, allenatore, venendo ingaggiato dal Colonia, sua prima squadra da professionista in Bundesliga, e trovando anche il tempo di fare il vice allenatore della nazionale nigeriana per qualche mese, per poi ritrovarsi senza contratto e girovagare tra Iran (vice al Shahr Khodro) e Libano (nel 2015 fu dato dalla stampa come futuro allenatore della nazionale, ma la notizia si dimostrò infondata) e infine rientrare a Berlino come allenatore per squadre semiamatoriali, attività a cui una malattia ancora imprecisata (ma che pare comprenda tra i suoi sintomi dolori al collo, amnesia e, amara ironia della sorte, tintinnitus) lo ha strappato a tempo indeterminato a partire da agosto 2022. Un destino infausto per uno che ha dimostrato molto presto e a lungo di possedere la stoffa luccicante del campione, la quale, però, ha spesso travisato un’es(i)s(t)enza da uomo di blues, benedetto da un talento non comune e nel contempo vessato da morti premature (il fratello maggiore Andreas portato via dalla leucemia a 17 anni, nel 1980), matrimoni naufragati, imprese fallite e malattie potenzialmente invalidanti. Il denaro non può comprarmi l’amore, cantavano quelli. La musica (e forse anche il calcio), però, sì.

Grazie, Herr Häßler, per le note magiche su cui inseguire un gol, calcistico o altrimenti.

Qui i dischi usciti per la MTM Music. Curiosamente non sono (ancora?) editi in formato streamingzito.

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