Da mercoledì sono costretto a casa da una gastroenterite (o un’influenza intestinale, non si è capito bene; se non altro è escluso il contagio dal fatidico virus che in questi giorni è sulla bocca di tutto il mondo), sicché quale migliore occasione per recensire “Aeromantic”, il quinto lavoro degli svedesi Night Flight Orchestra, uscito lo scorso 28 febbraio? Fiato alle trombe, dunque.
L’album mantiene immagine e immaginario legati agli aerei di linea e al volo che ha sinora caratterizzato la formazione, nel contempo spostando lievemente le coordinate del suono. Infatti, la proposta dell’Orchestra è stata levigata, e ora si appoggia maggiormente al lato più leggero e pop del suono radiofonico del periodo di riferimento, che stavolta sembra essere stato ristretto a un ipotetico 1980-1983, con giusto una puntata nel biennio ’85-’86. Il risultato è un ulteriore spostamento dell’asse sonoro in direzione di orecchiabilità e ballabilità dei brani, pur senza perdere la propria identità, e dunque le fondamenta hard rock che sorreggono il progetto: maggiore spazio è concesso alle tastiere, al basso (incredibile sentirne così distintamente il pulsare in un disco a marchio Nuclear Blast!) e alla cassa della batteria, che spesso detta un tempo “four on the floor” debitore della disco. Nel contempo, però, la scrittura si è fatta più accurata e gli arrangiamenti più ragionati, cosicché, se questo “Aeromantic” è un passo ulteriore verso l’alleggerimento sonoro (la commercializzazione, si sarebbe detto una volta), non risulta uno stacco rispetto a quanto realizzato in precedenza dal gruppo, bensì una naturale evoluzione, magari dettata da esigenze non strettamente artistiche ma pur sempre coerente con il primum movens del progetto, che è sempre stato la celebrazione dell’età dell’oro del rock radiofonico, e quindi il periodo 1978-1989.
Non mancano, quindi, variazioni stilistiche anche rispetto al recente passato, a quel “Sometimes The World Ain’t Enough” (2018) che già vedeva il gruppo applicare al proprio suono una dose rinforzata di patina ottantiana, nella forma di sintetizzatori e produzione scintillante. Ora tali elementi sono stati mantenuti, ma altri e leggermente diversi sono stati introdotti: la presenza più frequente e intensa delle due coriste, udite come mai in precedenza; la drum machine che apre Golden Swansdown, che peraltro è la cosa più somigliante a una power ballad tra le canzoni sinora composte dalla NFO; la tastiera con sequencer che apre il singolo Transmissions, donandogli un’ascendenza moroderiana, come pure il lungo assolo di violino che lo inframezza, in una versione danzereccia di certo metal neoclassico o magari del Rondò Veneziano. Pochi aggiustamenti, certo, ma notevoli in un contesto così “passatista” e utili per conferire sapore a una pietanza che corre il rischio di essere una ennesima riproposizione di un format ben collaudato. Ma le melodie ancora funzionano e scintillano e, nonostante comincino a ripetersi, avvincono ancora con la loro mistura di positività e melanconia: Divinyls ha un ritornello da cartone animato che non si schioda più dal primo ascolto e un ritmo in 4/4 a cui si resiste a malapena, If Tonight Is Our Only Chance assembla AOR dei primi anni ’80 e un ritornello rubato ai Survivor di era Rocky IV, This Boy’s Last Summer apre come gli ABBA e prosegue come una videolezione di aerobica di quelle belle e nei 2:55 di Taurus ci si immagina all’inseguimento dell’amata/o fuggita/o. Qualcosa, ovviamente, non funziona, e infatti una sforbiciata alla tracklist (dodici i brani) e, conseguentemente, al minutaggio avrebbe giovato, ma nel complesso “Aeromantic” è un altro luccicante tassello sulla disco ball che il sestetto svedese ha spedito nella stratosfera da ormai otto anni. Nota a margine: che un disco a marchio Nuclear Blast suoni così dinamico ha davvero dell’incredibile, e anche di questo piccolo dettaglio c’è da rendere merito all’Orchestra (produce il gruppo e mixa il tastierista-multistrumentista Sebastian Forslund). Chissà che alla casa discografica se ne accorgano e riflettano.
In conclusione, un disco piacevole e godibile per più ascolti, con cali più vistosi che nelle uscite precedenti ma con una sua autonomia nel catalogo del gruppo. E anche se il gate è spalancato, perché indugiare nell’imbarcarsi?
Solo un appunto… credo che i Survivor facessero parte della colonna sonora di Rocky III e non IV.
Grazie dell’appunto. Su Rocky IV ci sono Burning Heart (durante le scene dell’allenamento in URSS) e, ripresa dal III, anche Eye Of The Tiger. Sulla colonna sonora ufficiale c’è anche Man Against The World, che, però, non ricordo nel film.
Vero… mi spiezzo in due ahahah