Chi l’avrebbe mai detto.
Chi l’avrebbe mai detto che Duff McKagan, ex bassista dei Guns ‘n’ Roses, dopo essere passato per esperienze pur ad alto livello ma sempre da gregario (i Velvet Revolver) e per prove da capobanda quantomeno interlocutorie (i Duff McKagan’s Loaded e un primo album solista), se ne sarebbe uscito con un disco del genere. Una perla di rock delle radici, sintonizzato sugli Stones del periodo che va da “Beggars Banquet” a “Exile On Main St.” e quindi zeppo di ballate un po’ sloppy che aprono su ampi panorami di campagna. Senza peraltro scordare la Nashville dei tempi migliori, alla quale il disco è ricollegato dalla produzione di Scooter Jennings, figlio di Waylon, e un tocco di morbida psichedelia di ascendenza inglese, giusto per insaporire un po’.
Ecco quindi servite melodie intime ma non lagnose, arrangiamenti ricchi ma non ridondanti, brani lenti ma non noiosi. Col risultato che, terminato l’ascolto, ci si vuole ritornare, perché, in fondo, la fragilità di Tenderness, il country-rock dylaniato di It’s Not Too Late, il conforto amorevole di Feel e il congedo da radio FM allucinata di Never Look Back scaldano l’animo. E l’album suscita esattamente ciò che il titolo promette: tenerezza.
Chi l’avrebbe mai detto.