Ma ve lo immaginate imbolsito, rugoso e con i fili dorati della barba, al solito trasandata in maniera autentica e non finta, da cui fanno capolino sempre più consistenti chiazze bianche?
Ve lo immaginate costretto da discografici e manager ad avere profili social e ad aggiornarli con selfie e simili?
Ve lo vedete chiamato a fare il giudice in un talent show, o a partecipare a reality di dubbia qualità per assecondare la sete di presenzialismo di una moglie rampante sotto le spoglie (!) dell’alternativa consapevole?
Come accogliereste dischi sempre più fiacchi e adagiati sui cliché, oppure svolte stilistiche quantomeno avvilenti per chi a ventisei anni si è dichiarato annoiato e vecchio dopo essersi appagato della rabbia adolescenziale?
Reggereste la visione a lato delle passerelle dell’haute couture più blasonate, alla presentazione dell’ennesima rivisitazione di camicioni a quadri e jeans decolorati e lacerati?
È stato meglio così. È più triste e lo sarà sempre, ma è stato meglio così.
Ci ha fatto divertire, come, arrivati, chiedevamo. E, dopo tanto peregrinare, si è meritato di trovare gli amici nella sua testa e intrattenersi con loro.
Il resto non conta. Ed è stato meglio, è meglio, così.
P.S.: chissà cosa avrebbe detto, lui, della storia dei feti di plastica.